La vulgata scientista oggi dominante vorrebbe farci credere che della natura, almeno per quanto riguarda il nostro pianeta, sappiamo ormai, se non proprio tutto, quasi tutto; che il mondo dei minerali, delle piante e degli animali non ha più segreti per noi, così come ne ha pochi il mondo dei fenomeni atmosferici; ma è proprio vero?
Cominciamo da alcune brevi, semplicissime riflessioni.
Primo: noi conosciamo appena la superficie della Terra, non le sue profondità; tutto quel che sappiamo, o che crediamo di sapere, riguardo a queste ultime, è frutto esclusivamente di congettura; di fatto, nessun essere umano si è mai spinto più in basso di qualche chilometro, mentre il raggio del nostro pianeta è di ben 6.350 km. (con una lieve differenza fra il raggio polare, più corto, e quello equatoriale, più lungo).
Secondo: tre quarti della superficie terrestre sono occupati dai mari e dagli oceani, la cui conoscenza, specialmente per quel che riguarda i fondali, è molto approssimativa rispetto alla terra ferma; anche in quest’ultima, peraltro, esistono vaste zone pochissimo conosciute.
Quel che sappiamo della foresta equatoriale, lo sappiamo quasi soltanto dalla fotografia aerea; ma essa ci mostra solo la superficie dei fiumi più larghi e le chiome degli alberi più alti, a quaranta o cinquanta metri d’altezza dal suolo; di quel che si trova al si sotto, possediamo nozioni nel complesso rudimentali.
Terzo: quel che sappiamo del mondo vivente si può desumere dal fatto che non siamo neppure in grado di fare una stima attendibile, non degli individui, ma delle specie: le cifre proposte dai biologi oscillano entro un margine amplissimo, da un minimo di tre milioni a un massimo di trenta milioni di specie; ma quelle che conosciamo effettivamente, che abbiamo studiato e catalogato, sono solo una piccolissima percentuale di esse…
È vero che, per la maggior parte, si tratta di specie di piccole o piccolissime dimensioni, insetti specialmente; ma è altrettanto vero che, in tempi storici e addirittura recenti, per esempio lungo tutto il corso del XX secolo, sono stati scoperti esemplari viventi di grandi dimensioni, dei quali non si sospettava minimamente l’esistenza: dall’okapi al gorilla di montagna, dal celacanto al leopardo delle nevi, dal drago di Komodo al canguro arboricolo di Vogelkop, nella fitta foresta della Nuova Guinea Occidentale.
Sospettiamo, ad esempio, che esistano numerose altre specie di uccelli, perché, nel cuore della foresta amazzonica, sono stati uditi dei canti e dei richiami diversi da quelli di tutte le specie a noi note, ma nessuno le ha viste; e abbiamo ragione di pensare che, in mare, vivano delle creature di notevolissime dimensioni, perché, di tanto in tanto, le onde gettano a riva dei resti putrefatti, e quindi irriconoscibili, appartenenti ad esseri sconosciuti alla zoologia marina.
In altri casi, sono le impronte sul terreno, o dei resti di escrementi, a suggerire che vivano tuttora animali di grossa taglia, mammiferi e rettili, che la scienza ignora; alcune tradizioni e alcuni racconti di popolazioni indigene sostengono addirittura che esistono, ai nostri giorni, o che esistevano fino ad anni recentissimi, creature simili ai dinosauri, nei recessi più impervi della foresta africana, nel bacino del Congo, lungo i fiumi del Camerun o nelle paludi dello Zambia; e che una o più specie di “gigantopithecus” si aggirino sulle pendici dell’Himalaya.
Alcuni testimoni occasionali sostengono di aver visto, nella foreste africane o sud-americane, serpenti di dimensioni spropositate, più grandi di qualunque anaconda; e un certo numero di marinai, compresi capitani di nave, sostennero e sostengono tuttora di avere avvistato creature acquatiche di lunghezza mostruosa, come i leggendari serpenti di mare; avvistamenti analoghi si segnalano anche nelle acque di numerosi laghi, sparsi in tutto il mondo: dall’Europa all’America Settentrionale, dall’Asia all’Australia.
Scrive Lino Penati, un naturalista che si è occupato anche degli enigmi della cripto zoologia (ad esempio, del mistero della Bestia del Gévaudan) nel libro “Gli animali della giungla” (1):
«…La nostra ignoranza è particolarmente clamorosa nel caso delle specie alate della giungla tropicale, di moltissime delle quali, composte di pochi esemplari scarsamente visibili, si sospetta l’esistenza solo per il canto non identificato ascoltato al mattino o a sera, sulle radure e lungo i corsi d’acqua. In un solo ettaro di foresta dell’Ecuador sono state contate non meno di 40 specie di uccelli; di taluni esemplari unici della Nuova Guinea, conservati nei musei, non si sa ancora se si tratti di vere specie o di incroci tra specie tuttora ignote; nell’Africa occidentale, tre specie di picchi vivono rispettivamente solo nel Camerun, all’isola di Fernando Poo e sul Monte Kupé; due specie di assioli vivono solo nelle isole di Annobon e di Sao Tomé, l’assiolo di Morden solo in pochissimi chilometri quadrati della foresta di Arabuko-Sokoke in Kenya (sparirà se questa verrà abbattuta o incendiata). Un succiacapre non lascia il Ruwenzori, e del bellissimo colombo silvano del Congo e dell’Uganda nessuno ha mai trovato nidi e uova.
La giungla ospita uccelli rimasti immutati da milioni di anni, veri relitti sul cammino dell’evoluzione [beninteso, aggiungiamo noi, se si considera l’evoluzione una realtà dimostrata e non una semplice ipotesi scientifica] I pitacarte, parenti dell’usignolo del Giappone, e di certe cince della California, presenti con popolazioni isolate nelle foreste dell’Africa occidentale, si nascondono sul terreno dove procedono a balzi e razzolano all’indietro; fanno nidi a ciotola tra le rocce e trasportano materiale da costruzione e preparano il nido in una sorta di fagotto vegetale. Nella valle congolese dell’Ituri vive il pavone del Congo (“Afropavo congensisi”), che sta tra il pavone e le galline faraone, con penne a caratteristiche primitive e abitudini notturne; scoperto nel 1913, quasi non costruisce il nido e i suoi richiami si trasmettono da gruppo a gruppo attraverso chilometri di giungla. Il fossile vivente della foresta amazzonica, l’Hoazin […], ricorda l'”Archaeopterix” e forse è immutato da 40-50 milioni d’anni.»
Uccelli la cui esistenza si sospetta solo per averli uditi cantare, nelle primissime ore del giorno oppure poco prima del sopraggiungere del buio; altri, il cui habitat è limitato a piccole isole lontane dalle coste o a singole montagne e singoli distretti forestali; altri ancora i quali, pur conservati nei musei naturalistici, non si sa a quale specie ascrivere; una specie di pavone africano scoperto solo alla vigilia della prima guerra mondiale…
L’elenco delle “stranezze” potrebbe continuare, e fin qui abbiamo parlato solo degli uccelli della foresta equatoriale; tuttavia crediamo di aver raggiunto lo scopo di mettere la classica pulce nell’orecchio a quanti pensano che, nel campo della zoologia, a parte gli insetti, non ci sia quasi più niente da scoprire.
Fino a qui ci siamo limitati a parlare delle creature viventi; ma che dire dei fenomeni atmosferici, che la meteorologia credere di conoscere quasi interamente?
Sappiamo che ogni anno, e specialmente in certe zone dei mari e degli oceani, ad esempio nel medio Atlantico e ad Est dell’Arcipelago giapponese, scompaiono imbarcazioni, anche di grosse dimensioni, ed aerei, talvolta intere squadriglie (come nel celebre caso del dicembre 1945), dei quali non viene poi trovata la benché minima traccia: né rottami, né macchie di olio o di carburante, né, tanto meno, i corpi degli sfortunati esseri umani che si trovavano a bordo, membri dell’equipaggio e passeggeri.
Per spiegare le frequenti scomparse nel cosiddetto Triangolo delle Bermuda, ad esempio, alcuni studiosi, pur respingendo l’idea stessa che un tale “triangolo” esista, sono stati costretti ad ipotizzare dei fenomeni assolutamente subitanei e d’impensabile distruttività, dei vortici oceanici e delle trombe marine con caratteristiche anomale, che si comportano in maniera radicalmente difforme rispetto ai fenomeni naturali conosciuti.
E fin qui ci siamo limitati a parlare delle creature viventi e dei fenomeni dell’aria e del mare; non abbiamo detto nulla di fenomeni ancora più sorprendenti, come quelli che riguardano il paranormale o il soprannaturale; non abbiamo detto e non diremo nulla, in questa sede, della telepatia, della chiaroveggenza, della retro-cognizione, dello sdoppiamento del corpo astrale, della levitazione, della incombustibilità, della capacità di alcuni fachiri di camminare sui chiodi, di ingoiare pezzi di vetro, di farsi seppellire e riemergere, vivi e sani, dopo giorni e giorni; oppure di quella, propria di certi mistici, di vivere per molti anni senza assumere alimenti, né solidi, né liquidi; di proiettarsi a distanze anche grandissime, sotto lo sguardo di numerosi testimoni; di far fiorire giardini in pieno inverno o diffondere inspiegabili profumi intorno a sé.
E non abbiamo detto nulla, né, in questa sede, intendiamo farlo, dei salti spazio-temporali, per cui alcuni soggetti compaiono inaspettatamente in luoghi lontani, senza sapere come e perché, o in epoche diverse da quelle cui appartengono; e neppure delle guarigioni miracolose e scientificamente inspiegabili; né delle inaudite trasformazioni che si manifestano nel corpo e nelle facoltà di soggetti posseduti da forze inspiegabili, di natura chiaramente maligna; né, ancora, di provvidenziali interventi di soggetti che salvano individui in pericolo, per poi scomparire nel nulla, così come dal nulla erano sembrati apparire…
Crediamo che la natura non abbia più segreti per noi; però non sappiamo spiegare da dove vengano le pietre che “piovono” dall’alto durante una seduta spiritica, apparentemente attraversando il tetto, ma, cosa ancora più strana, senza mai fare del male alle persone, almeno in modo serio; né come mai una persona incolta si metta, a un certo punto, a parlare in greco antico, in egiziano e in altre lingue scomparse ed a lui assolutamente sconosciute.
Non sappiamo cosa siano gli Oggetti Volanti Non Identificati, né da dove vengano, né di quale energia si servano per evoluire nei cieli in maniera contraria alle leggi fisiche a noi note; non sappiamo chi abbia tracciato i cerchi nel grano, almeno quelli più grandi e complessi, veri e propri arabeschi comparsi nei campi coltivati nello spazio di una sola notte, forse di pochi minuti; e non sappiamo come spiegare la presenza di manufatti inglobati in rocce antiche milioni e milioni di anni, quando, ci dicono gli scienziati “ortodossi”, delle creature intelligenti ed evolute non potevano assolutamente esistere sul nostro pianeta.
Pensiamo di essere pronti per l’esplorazione dello spazio, ma non sappiamo dire che cosa avvenne esattamente nella foresta siberiana, presso le rive del fiume Tunguska, in quel terrificante 30 giugno del 1908, quando migliaia di alberi vennero abbattuti da una forza immane e subitanea, subito dopo che una luce abbagliante aveva solcato il cielo.
Sono tante, tantissime le cose che ignoriamo; però non abbiamo l’onestà intellettuale di riconoscerlo e preferiamo fare finta che sul nostri pianeta non vi sia più alcun mistero da spiegare, ostentando uno scetticismo imbevuto di pregiudizi materialisti.
Il mondo non è così piccolo come vorremmo credere; la storia umana, che crediamo di conoscere piuttosto bene, forse è tutta da riscrivere e da retrodatare di milioni di anni; mentre della natura, che pensiamo non abbia più segreti per noi, si può dire che conosciamo appena un po’ la superficie, ma non le profondità nascoste.
La verità è che l’ubriacatura razionalista e illuminista ha ritardato di secoli l’elaborazione del un giusto atteggiamento da tenere nei confronti della natura, del suo studio, di quello che crediamo il suo assoggettamento; e, in particolare, ci ha indotti a stabilire una distinzione troppo rigida fra ciò che i filosofi medievali chiamavano l’ordine naturale e l’ordine soprannaturale.
Così, abbiamo finito per credere che tutta la realtà si possa spiegare con gli strumenti della ragione strumentale e calcolante, con il metodo sperimentale, con le categorie del materialismo e del meccanicismo, con i dogmi dello scientismo; e che non vi siano altre realtà, altri livelli di verità, al di fuori di quelli.
Abbiamo confuso i misteri con i problemi e ci siamo illusi che tutto, prima o poi, verrà spiegato in termini di dimostrazione matematica; invece non è affatto così…