Autore: SOS2012

ORIENTAMENTO: Introduzione all’orientamento

Introduzione

Riuscire ad orientarsi è sempre molto importante e spesso significa salvarsi la vita. Le nostre energie, sia che si tratti di una situazione di pericolo o di media emergenza, sono comunque limitate e non allungare la strada( o addirittura sbagliarla) è fondamentale. Non sempre le condizioni sono ottimali per un orientamento basato unicamente sul diretto resoconto visivo (si veda nebbia, notte, assenza di punti di riferimento, ecc.) e, se si dispone anche solo di una vaga direzione da seguire occorre saperla sfruttare efficacemente. Se provvisti quindi di indicazioni cardinali, si deve per prima cosa individuare il Nord, stabilire la direzione giusta e scegliere (in base a difficoltà e lunghezza) il percorso più consono alla propria persona e allo stato ambientale.

 

La rosa dei venti

 

I punti cardinali (N = nord, S = sud, E = est e W = ovest) fanno parte di quelle nozioni che tutti possiedono, individuandone uno soltanto se ne possono difatti ricavare  tutti gli altri. Una loro efficace rappresentazione grafica è data dalla cosiddetta Rosa dei venti i cui quadranti principali sono:

 

  1. Da Nord (0°) a Est (90°)
  2. Da Est (90°) a Sud (180°)
  3. Da Sud (180°) a Ovest (270°)
  4. Da Ovest (270°) a Nord (0°/360°)

 

Questa schematizzazione venne ideata dalla Repubblica di Amalfi (nel periodo delle Repubbliche Marinare) ed è interessante sapere che, nel Mediterraneo, ha come punto centrale l’isola di Malta. Ne esistono di più tipi, con più o meno suddivisioni (a 4 punte, a 8 punte e a 16 punte, ecc.). La rosa a 8 punte offre, oltre alle tipiche indicazioni dei punti cardinali, utili informazioni sui venti:

 

  • Da Nord (settentrione o mezzanotte) soffia la Tramontana
  • Da Nord-Est (45°) soffia il Grecale
  • Da Sud (meridione) soffia il Mezzogiorno/Ostro
  • Sud-Est (135°) soffia lo Scirocco
  • Da Est (oriente o levante) soffia il Levante
  • Da Sud-Ovest (225°) soffia il Libeccio
  • Da Ovest (occidente o ponente) soffia il Ponente
  • Da Nord-Ovest (315°) soffia il Maestrale

 

La rosa dei venti a 16 punte si suddivide invece in Nord-Nord-Est, Est-Nord-Est, Est-Sud-Est, Sud-Sud-Est, Sud-Sud-Ovest, Ovest-Sud-Ovest, Ovest-Nord-Ovest e Nord-Nord-Ovest; nella sua massima estensione può persino arrivare a 128 punte:

 

  • Quattro quadranti da 90° (suddivisione in 4 punti)
  • Ogni quadrante si divide in 2 venti di 45° (8 punti)
  • Ogni vento si divide in due mezzi venti da 22°30′ (16 punti)
  • Ogni mezzo vento si divide in due quarte (o rombi) da 11°15′ (32 punti)
  • Ogni quarta si divide in due mezze quarte da 5°37’30” (64 punti)
  • Ogni mezza quarta si divide in due quartine da 2°48’45” (128 punti)

 

Sembra banale ma occorre capire che per quanto possiamo cambiare la nostra posizione i punti cardinali rimangono costanti come tutti i possibili ostacoli (montagne, colline, laghi, valli, ecc.); da ciò si evince ad esempio che se stiamo camminando verso nord e di fronte a noi c’è una montagna quella che vediamo non è la parete nord ma la parete sud (perchè rivolta verso sud); il versante verso cui si sale ha insomma orientamento corrispondente al punto cardinale che ci sta alle spalle.

 

Inclinazioni del terreno

 

Come per la rosa dei venti e possibile misurare in gradi anche la pendenza di salite e discese: ben diverso è infatti camminare su pareti scoscese piuttosto che in aree pianeggianti e ben diversa è la distanza che si percorre in linea d’aria rispetto a quella effettiva di marcia. Avere insomma a disposizione indicazioni sulla pendenza di un dato tratto può farci desistere/procedere e/o farci decidere di aggirare l’ostacolo. Il metodo più diffuso per indicare l’inclinazione di un sentiero/parete è quello di far corrispondere ai gradi la percentuale di pendenza (come spesso accade nei cartelli stradali). Vediamo ora i rapporti gradi/percentuale:

 

  • 0°: pendenza allo 0% (innalzamento di 0m in verticale ogni 100m)
  • 10°: pendenza al 17,6% (innalzamento di 17,6m in verticale ogni 100m)
  • 15°: pendenza al 26,8% (innalzamento di 26,8m in verticale ogni 100m)
  • 20°: pendenza al 36,4% (innalzamento di 36,4m in verticale ogni 100m)
  • 25°: pendenza al 46,6% (innalzamento di 46,6m in verticale ogni 100m)
  • 30°: pendenza al 57,7% (innalzamento di 57,7m in verticale ogni 100m)
  • 35°: pendenza al 70% (innalzamento di 70m in verticale ogni 100m)
  • 40°: pendenza al 83,9% (innalzamento di 83,9m in verticale ogni 100m)
  • 45°: pendenza al 100% (innalzamento di 100m in verticale ogni 100m)
  • 50°: pendenza al 119,2% (innalzamento di 119,2m in verticale ogni 100m)
  • 55°: pendenza al 142,8% (innalzamento di 142,8m in verticale ogni 100m)
  • 60°: pendenza al 173,2% (innalzamento di 173,2m in verticale ogni 100m)
  • 65°: pendenza al 214,5% (innalzamento di 214,5m in verticale ogni 100m)
  • 70°: pendenza al 274,7% (innalzamento di 274,7m in verticale ogni 100m)
  • 75°: pendenza al 373,2% (innalzamento di 373,2m in verticale ogni 100m)
  • 80°: pendenza al 567,1% (innalzamento di 567,1m in verticale ogni 100m)
  • 85°: pendenza al 1143% (innalzamento di 1143m in verticale ogni 100m)
  • 90°: pendenza verticale (innalzamento “infinito” in verticale ogni 100m)

Ecco le 3 mappe che devono essere presenti nel tuo kit di sopravvivenza

Chiunque è d’accordo nel dire che nel kit di sopravvivenza devono esserci delle mappe della propria zona. Vero, ma quanto ci hai messo a decidere quali mappe prendere? Se ti sei limitato a mettere nella tua borsa da sopravvivenza una cartina della statale, considera che ci sono almeno tre tipi di mappa che dovresti avere:

 

Mappa 1#) Una mappa dettagliata del territorio
Ti serve la mappa delle strade locali più dettagliata possibile. Per locali intendo quelle della tua città o, nel caso abitassi in una grande città, del tuo quartiere e delle zone in cui sei solito andare. Molta gente, a questo punto, dirà: “conosco la mia città palmo a palmo. Non mi serve certo una mappa”. Può darsi, però considera che in caso di emergenze regionali del tipo inondazioni, uragani o disastri causati dall’uomo, si possono verificare una serie di circostanze che rendono più semplice spostarsi se si ha una cartina. Un paio di strade che sei solito prendere potrebbero essere bloccate o allagate. Potresti dover uscire alla città da una zona diversa da quelle in cui sei solito andare. Quindi metti nella borsa da sopravvivenza anche una mappa di queste aree.

 

Mappa 2#) Una mappa topografica regionale
Pensa alle mappe che ti servono come ad un cerchio in espansione. Oltre alla mappa dettagliata del territorio ti serve una carta topografica regionale. In caso  di seria crisi regionale o di uno scenario di tracollo totale potrebbe essere necessario raggiungere determinate aree naturali come una fonte d’acqua o un parco.

 

Sulle strade principali, sia a piedi che in auto si creerà il caos, per cui i più svegli taglieranno dalla campagna. Quindi devi essere in grado di programmare come muoverti anche intorno alle montagne e ai fiumi.

 

Mappa 3#) Mappe ad ampio raggio
Ovunque tu vada, è certo che una volta fuori dalla tua zona non conoscerai tutte le strade. Perciò ha senso che  tu ti munisca di una mappa della zona ad ampio raggio, come la cartina della statale di cui si diceva prima, o delle regioni / stati intorno, se è il caso. Può rivelarsi uno strumento importante non soltanto per individuare quali percorsi seguire ma anche per renderti conto di quali strade e città evitare.

fonte:sopravvivenzatotale

 

In circolazione trovi senz’altro delle buone mappe stradali e topografiche, però per una mappa super dettagliata della città probabilmente dovrai rivolgerti all’ufficio turistico locale. Ricorda anche di portare sempre con te una buna bussola o una radio e un GPS.

Hai messo in borsa altri tipi di mappe? Se è così, facci sapere quali e perché pensi che possano essere utili. Puoi condividere la tua opinione lasciando un commento qui sotto oppure partecipando alle discussioni sul nostro forum di sopravvivenza.

Rhipsalis la cactacea: LA PIANTA ANTISTRESS

 

Da diversi anni è noto che il colore verde delle piante ha un effetto rilassante e che molte specie purificano l’aria dagli agenti inquinanti, ma ora c’è una  novità.

 

Pochi giorni fa mentre mi trovavo dal parrucchiere in attesa del mio turno, sfogliando una rivista, ho trovato un articolo su una pianta, di cui nemmeno conoscevo l’esistenza, che mi ha colpito per le sue proprietà molto interessanti.

 

L’articolo riportava la notizia che un recente studio condotto dall’Università del Surrey, in Inghilterra, ha dimostrato che una pianta della famiglia delle cactacee, chiamata rhipsalis, ha forti proprietà antistress!
 

 

 

 

Pare che questa sempreverde, che alle nostre latitudini si coltiva in appartamento, oltre al già conosciuto effetto calmante, possegga proprietà che combattono lo stress al punto che averne alcuni esemplari in casa, o sulle scrivanie degli uffici, abbassa notevolmente il livello di stress rispetto ai luoghi in cui non è presente.
La rhipsalis, oltre a queste particolari doti, con i suoi lunghi viticci a crescita veloce è una pianta molto decorativa.
In natura cresce nelle foreste pluviali del Centro e Sud America, in Africa e in alcune isole dell’Oceano Indiano, sui tronchi dei grossi alberi in penombra, facendo penzolare i suoi lunghi steli verdi fino al terreno.Ne esistono moltissime specie, con una grande varietà di colori e forme, ma la differenza di aspetto tra le specie può essere molta.
Possono essere a sviluppo verticale, oppure ricadente, con fusti più o meno succulenti e più o meno sottili; la maggior parte sono prive di spine, ma spesso sono coperte da piccoli peli.
I piccoli fiori che nella maggior parte delle specie sbocciano verso la parte finale degli steli, possono essere di colore bianco o giallo, o rosa, raramente rossi.
I frutti che succedono ai fiori ricordano per la forma i frutti di bosco.
 
 
Essendo una pianta di facile coltivazione non ha bisogno di molte cure, ma la luce non le deve mai mancare, anche se teme i raggi diretti del sole, soprattutto nei mesi più caldi dell’anno, quando è opportuno ombreggiarla.
In casa va posizionata possibilmente esposta a nord e vicino ad una finestra.
Teme molto il freddo, quindi la temperatura ideale é tra i 18° e i 21°, con un margine di 5° in più o in meno; in inverno è consigliabile mantenerla ad una temperatura non inferiore ai 13°.
 

 

La rhipsalis ha una chioma rigogliosa che cresce molto rapidamente formando una vera e propria cascata verde, oppure mantenendo un aspetto compatto si possono ottenere composizioni di più specie come quella nell’immagine sopra.
Per contenerne l’esuberanza, può essere potata senza correre troppi rischi, ma tagliando per gradi, dal basso verso l’alto, evitando i periodi dell’anno di maggiore crescita.
 
 
Le annaffiature devono essere regolari per tutta la stagione vegetativa, da aprile a settembre, fornita ogni volta che il terreno è asciutto; se l’estate è paricolarmente calda è meglio vaporizzare la pianta con acqua distillata.
In autunno e in inverno è opportuno garantire un periodo di riposo, diminuendo l’apporto di acqua.Il terreno di coltivazione deve essere ben drenante e non particolarmente ricco.
Nel caso di rinvaso aggiungere ghiaia o pietra pomice sul fondo perevitare ristagni idrici, che possono causare marciume radicale.
L’eccessiva umidità può causare attacchi da parte di acari e cocciniglia.
La concimazione deve essere somministrata miscelando del concime liquido per cactacee nell’acqua delle annaffiature ogni 15-20 giorni dall’inizio della primavera alla fine dell’estate.

 

La rhipsalis può essere moltiplicata per talea, da praticare in estate, prelevando piccole parti di fusto da far radicare in un miscuglio di sabbia e torba e da mantenere umido fino a radicazione; ci vorrà qualche mese per poterle interrare in vasi singoli.Il suo curioso nome prende origine dalla parola greca Rhips che significa vimini e si riferisce alla massa dei sottili fusti che ne formano il corpo.

 


Tra le oltre 60 varietà esistenti, le più diffuse sono: Rhipsalis cassutha, dal portamento ricadente e cespuglioso, presenta rami verde chiaro, lunghi anche mezzo metro.
In giugno-luglio, produce fiori bianco-giallastri ai quali seguono frutti bianchi o rosa chiaro.

 

 

Rhipsalis pilocarpa, inizialmente eretta, tende a diventare ricadente con il passare del tempo; i fusti principali hanno numerose ramificazioni, con peli lunghi e setosi.
Alle estremità dei rami sbocciano fiori molto profumati e grandi circa 2 cm.

 

 

Rhipsalis cereuscula: priva di spine e con fusti molto sottili e ramificati, produce piccoli fiorellini color panna. dal portamento cespuglioso e ricadente, presenta ramificazioni lunghe 10-30 cm; in primavera produce fiori bianchi all’interno e verde-rosato all’esterno.

 

 

Rhipsalis baccifera: produce fiori bianchi o gialli, e in seguito piccoli frutti tondeggianti e traslucidi che possono restare sulla pianta anche per anni.
Ha portamento ricadente, con fusti lunghi, lisci e carnosi, di colore verde chiaro; ideale per contenitori appesi.
 

 

 

 

Rhipsalis capilliformis, con lunghi fusti sottili con numerose ramificazioni molto sottili e lunghe dai 20 ai 40 cm. In giugno produce fiori bianco-verdastri, seguiti da frutti biancastri.

 

Segliete quella che più vi piace e seguite le semplici regole di coltivazione che ho trovato nelle mie ricerche ed avrete la casa piena di bellissime, verdi, rilassanti, rhipsalis, e fatemi sapere se funziona l’effetto antistress!

 

 
Di Ilaria Benassi

 

Questo articolo può essere ripubblicato solo con  il consenso dell’autore

 

SOPRAVVIVENZA: SE CI SI PERDE, COSA FARE? COME SALVARSI? COME COMPORTARSI?

Regole generali su come comportarsi

Nella maggior parte dei casi ci si perde per questioni di disorganizzazione (l’idea di base dovrebbe difatti essere: prevenire piuttosto che curare). In luoghi “ostili” e/o lontani dalla civiltà è quindi sempre meglio fare in modo che:

Tutti siano puntuali ai ritrovi (se ci si allontana dal gruppo: avvisare sempre).

  • Ciascun componente del gruppo abbia qualcuno da sorvegliare.
  • Senza esperienza non ci si trovi ad affrontare soli zone impervie.
  • Se si viaggia in luoghi sconosciuti è sempre buona norma munirsi di bussola e kit di sopravvivenza.
  • Il nostro occhio evidenzi dei riferimenti, magari lasciando dei segni riconoscibili (bastoni piantati, ecc.).

Vediamo ora cosa fare e cosa non fare mai in caso di smarrimento:

  • Se si è in gruppo è sempre meglio rimanere uniti, mai separarsi.
  • Mai disperarsi, è controproducente: serve sempre una mente lucida per potersi salvare (se possibile infondere fiducia nei compagni scoraggiati).
  • In zone fredde mantenersi sempre coperti e “caldi” (il movimento genera calore).
  • Se possibile indossare qualcosa di visibile e chiaro, che attiri l’attenzione anche a distanza.
  • Non mangiare/toccare niente di cui non si è più che certi.
  • Stare a debita distanza da pericoli quali: corsi d’acqua (torrenti, laghi, ecc.), dirupi, terreni non stabili e animali.

 

Se c’è speranza che i soccorsi ci trovino in tempi ragionevoli

 

Sopravvivere in questo caso equivale a rimanere caldi ed asciutti mentre si aspettano i soccorsi:

 

  • Per prima cosa, appena ci accorgiamo di esserci dispersi, proviamo a chiamare e urlare con tutte le nostre forze (se ciò non dovesse avere esito positivo entro 10-15 minuti, smettiamo immediatamente e sediamoci per recuperare le energie).
  • Stare in un posto fisso ed evitare di allontanarsi (i soccorsi e gli ultimi che ci hanno visti saranno facilitati nel ritrovarci).
  • Trovare un posto sicuro e comodo per aspettare, l’attesa non ci spaventa (niente luoghi nascosti, meglio anzi optare per aree che garantiscano visuale, sicurezza e un riparo).
  • In assenza di aree sicure approntare un riparo temporaneo.

Se siamo certi che nessuno ci troverà

 

  • Memorizzare dei punti di riferimento il più possibile stabili (aiutandosi a memorizzare con la fantasia e/o lasciando segni).
  • Prendere una direzione (preferibilmente quella da cui siamo venuti e/o quella che ci sembra più corta) e seguirla senza cambiare mai (se ci si trova ad esempio in un bosco, seguendo questo metodo prima o poi se ne uscirà); in montagna ad esempio cercare di scendere a valle (in aree non ripide, dalle quali sia possibile fare eventualmente “retromarcia”).
  • Orientarsi con i punti cardinali.
  • Proseguire su sentieri e/o luoghi in cui troviamo segni di civiltà (oggetti, asfalto, luoghi abitati, ecc.).
  • Mantenere un passo regolare: “lungo e ben disteso”.
  • Di tanto in tanto riposarsi approfittando ad esempio della pausa per lasciare qualche segno che resista alle intemperie (una freccia, una scritta, ecc.).
  • Mantenere un conteggio del tempo e dello spazio percorso (es. contando i passi e i movimenti del sole).

Sapete riconoscere la Cicuta ?

Questi sono i giorni giusti per imparare a riconoscerla.
Ha una pessima nomea perché la ricordiamo come la pianta che hanno usato per uccidere Socrate.

I libri sulle erbe raccontano di bambini fortemente intossicati perchè giocavano con il suo fusto cavo usandolo come cerbottana.

Il veleno che contiene si chiama “coniina”, un alcaloide tossico che provoca l’interruzione nei collegamenti dei nervi che comandano i muscoli.

La paralisi comincia dalla gola con grandi difficoltà ad inghiottire, poi interessa i muscoli delle gambe e sale fino ad interessare i muscoli del torace paralizzando i movimenti respiratori.

Si muore per asfissia e non è una bella morte.

A Socrate non gli hanno fatto bere solo il succo di semi immaturi di Cicuta Maggiore ma, facendo egli parte della “elite” ateniese gli hanno preparato una bevanda più complessa affinché la sua fosse una morte dolce.

Insieme alla Cicuta c’era il Laudano (oppio) il miele ed il vino.
Il miele ed il vino hanno reso meno disgustosa la bevanda, l’oppio l’ha fatto addormentare prima che la cicuta lo paralizzasse, soffocandolo.

E’ una pianta biennale, almeno nel territorio che frequentiamo. In altre parole è presente nei posti in cui cresce di solito un anno si ed un anno no.

Questo è l’anno si e sui bordi delle strade se ne trova moltissima.

E’ una pianta alta, evidente, più alta delle altre erbe che gli crescono intorno.

Notate quanto è più alta dell’ortica che gli cresce accanto.

Notate i fiori bianchi, le foglie che ricordano il prezzemolo

Il fusto macchiato di rosso

Ha uno strano odore, spiacevole.
Dicono che la cicuta sia facilmente riconoscibile dall’odore perché ha l’odore di urina di topo come se uno oggi avesse esperienza quotidiana dell’odore di urina di topo riconoscendolo immediatamente.
Io non so quale sia l’odore dell’urina di topo, non ne ho mai avuta esperienza.

E’ una pianta che si usa verde e fresca.
I semi immaturi contengono fino al 2% della sostanza tossica.
Il succo si ottiene dai semi, pestandoli a freddo.
E’ molto solubile in alcool, quindi se ne può fare una tintura mettendo i semi freschi a macerare nell’alcool per un paio di settimane. E poi usavano la frizione e la tintura contro reumatismi e artrite.

Nell’antichità la usavano a piccolissime dosi anche come medicina ma, lo sconsigliamo fortemente. Aggiungendo qualche goccia di acido solforico alla tintura alcolica si ottiene un precipitato di coniina pura in grossi cristalli.

E’ un veleno mortale molto potente, non giocateci.

20 usi alternativi delle patate ai loro impieghi culinari

Le patate si prestano ad essere impiegate in numerosissime ricette di cucina e sono tra gli ortaggi più amati da portare sulla tavola, molto apprezzate anche da parte di bambini per il loro buon sapore. Esse possono rappresentare un valido aiuto come dei veri e propri rimedi naturali per la cura della salute e della bellezza, ma anche della casa e del giardino.

Ecco venti usi delle patate alternativi ai loro impieghi culinari.

Uso delle patate per migliorare SALUTE E BELLEZZA

1) patate contro Scottature solari

Fette e bucce di patate rappresentano uno dei più noti rimedi naturali da applicare sulla pelle in caso di scottature solari. L’effetto calmantedei bruciori e lenitivo dei rossori delle patate è attribuito al loro contenuto di amido.

2) patate come trattamento antietà

L’acqua di cottura della patate può essere conservata e lasciata raffreddare o intiepidire, per poi essere impiegata per la detersione del viso. Ad essa vengono attribuite delle proprietà benefiche come trattamento antietà.

3) patate contro Borse e occhiaie

Un rimedio naturale per attenuare borse ed occhiaie è costituito dall’applicazione nelle zone interessate di fettine sottili di patate. La loro azione permetterà di ridurre sia il gonfiore che i segni causati dalla stanchezza.

4) patate contro il Mal di testa

Tra i rimedi naturali per alleviare il mal di testa, vi è l’utilizzo di fettine di patata da strofinare sulle tempie con movimenti circolari e con delicatezza, in modo da alleviare i fastidi. Sappiamo che il mal di testa può essere molto fastidioso. Mettere all’opera questo rimedio naturale è molto semplice e rapido. Tentar non nuoce.

5) patate contro l’Insonnia

Si dice che mangiare delle patate lessate per cena possa favorire un buon sonno ristoratore. Ciò sarebbe dovuto alla capacità delle patate di riequilibrare l’acidità del nostro stomaco, in modo tale che problemi di digestione non ci disturbino durante il sonno.

6) patate contro le Verruche

L’utilizzo di patate rappresenta un rimedio naturale tipico della tradizione popolare al fine di accelerare la scomparsa delle verruche. Una fettina di patata dovrebbe essere strofinata ogni giorno sulla verruca, fino alla sua scomparsa. Il contenuto di potassio e di vitamina C delle patate potrebbe essere la chiave per la risoluzione del problema.

7) Maschera per il viso di patate

Una maschera per il viso dall’effetto emolliente può essere ottenuta mescolando una patata lessata ed in seguito schiacciata con una forchetta ad un cucchiaino di succo di limone. La maschera deve essere applicata sul viso e lasciata agire per una decina di minuti, prima di essere risciacquata con acqua tiepida.

8) Impacchi caldi e freddi

Le patate mantengono a lungo le temperature sia calde che fredde. Per questo motivo possono essere utilizzate per effettuare degli impacchi alla temperatura desiderata in sostituzione della borsa dell’acqua calda o del ghiaccio, dopo averle riscaldate o raffreddate ed avvolte in una garza o in un fazzoletto.

9) curare l’Acne con le patate

Un semplice rimedio naturale contro foruncoletti, punti neri e piccole imperfezioni consiste nello strofinare sulla parte interessata una fettina di patata cruda, in modo che il succo in essa contenuto possa entrare a contatto con la pelle e possa essere lasciato agire per alcuni minuti prima di risciacquare, in modo da favorire la guarigione e la scomparsa delle imperfezioni.

10) Reumatismi

Il succo di patata cruda è considerato come un ottimo rimedio naturale contro i reumatismi. La tradizione popolare vede inoltre l’impiego di impacchi a base di patata sulle zone interessate dai dolori, con particolare riferimento al collo, al fine di alleviarli.

Uso delle patate per i problemi di CASA E GIARDINO

11) Macchie e colla sulle mani

Per agevolare la rimozione di macchie e di colla dalle mani, si consiglia di strofinare su di esse una fettina di patata cruda, prima di procedere al normale lavaggio. L’azione dell’amidoammorbidisce la pelle e facilita la rimozione di residui di colla e sporco.

12) Sale in eccesso

Se avete esagerato con l’aggiunta di sale nell’acqua della pasta o nel brodo per il minestrone o la zuppa, e ve ne rendete conto mentre la pentola si trova ancora sul fuoco, aggiungete alla preparazione una piccola patata intera, che assorbirà il sale in eccesso.

13) Pulizia delle scarpe

Per la pulizia delle scarpe costituite da materiali impermeabili e per quanto riguarda le suole in gomma, è possibile facilitare la rimozione dello sporco strofinando le parti interessate con una fettina di patata cruda, prima di passare all’utilizzo di un panno o di una spazzola per le scarpe.

14) Compost

Non dimenticate di conservare le bucce di patata e di destinarle alla vostra compostiera da balcone o al cassone per il compost che avete posizionato vicino al vostro orto o in giardino. In questo modo alleggerirete la quantità dei rifiuti prodotti quotidianamente da destinare allo smaltimento.

15) Orto

Potreste pensare di conservare alcune delle vostre patate per provare a piantarle nel vostro orto o in un vaso. Prima di piantare le patate, è necessario che esse inizino a germogliare. Perché ciò avvenga, devono essere riposte in un luogo luminoso per alcuni giorni. Se dalle patate conservate in cantina o in dispensa alcuni germogli hanno iniziato a spuntare, approfittatene per utilizzarle per la nascita di nuove piantine. E’ consigliabile tagliare le patate germogliate in varie parti prima di interrarle.

16) Pulizia di attrezzi arrugginiti

Per la pulizia di attrezzi arrugginiti, si consiglia di strofinare gli stessi utilizzando dapprima dellefettine di patate crude ed in seguito della cenere di legna. L’impiego delle patate dovrebbe contribuire a facilitare la rimozione della ruggine.

17) Patate per la Pulizia dell’argenteria

Un semplice rimedio per pulire e lucidare l’argenteria consiste nel conservare l’acqua di cottura, non salata, delle patate. Le patate devono essere rimosse dalla loro acqua di cottura e l’argenteria deve essere lasciata immersa nel liquido tiepido per un’ora, prima di essere risciacquata.

18) Stampini decorativi

Ecco un’idea semplicissima per realizzare degli stampini decorativi che i bambini possono utilizzare per i lavoretti. Si tratta semplicemente di suddividere una patata a metà e di intagliare delle forme geometriche nella sua polpa. La patata verrà immersa nei colori a tempera ed utilizzata come se si trattasse di uno stampino.

19) Vasi di fiori

Se avete deciso di decorare la tavola con dei fiori recisi a stelo lungo, ma non avete a disposizione i materiali utilizzati dai fioristi in cui fissare gli steli in modo che i fiori rimangano nella posizione desiderata, sostituite il tutto con una patata tagliata a metà da utilizzare come base.

20) Gerani

Una patata cruda può essere utilizzata nel trapianto dei vostri nuovi gerani, in modo da dare a questi fiori il nutrimento loro necessario. Praticate un foro nella patata, inserite lo stelo e piantate il tutto in un vaso ricolmo di terriccio.

Condividete questo articolo utilizzando gli appositi bottoni di sharing, aiuterete qualcuno che non sa ancora i fantastici utilizzi di una semplice patata!

 

Secchio Pieghevole – Ecco 7 motivi per usare e includere un secchio pieghevole nel tuo kit di sopravvivenza

In uno scenario di sopravvivenza all’aperto, un secchio pieghevole può essere uno strumento estremamente versatile da aggiungere al tuo kit di sopravvivenza.

Utilizzare un secchio pieghevole è una sottigliezza in più considerato che avendo le dimensioni di un mazzo di carte ti farà guadagnare una funzionalità e dello spazio che non può essere ottenuta con delle semplici bottiglie d’acqua.

Qui di seguito ti suggerisco ben 7 modalità per usare un secchio pieghevole:

1. Preservare le bottiglie

Il tuo zaino è in grado di contenere non più che qualche bottiglia. Se nelle bottiglie riempite con acqua filtrata aggiungete dell’acqua non filtrata, anche per sbaglio, devi sapere che basta una sola goccia d’acqua infetta per ammalarsi. Perché correre il rischio? Usa le bottiglie soltanto per l’acqua potabile. Una buona strategia è portare delle bottiglie pieghevoli di riserva o una bottiglia SIGG.

2. Raccogliere acqua pulita

Piuttosto che collegare il filtro d’acqua direttamente ad un lago, ad uno stagno o a una pozzanghera, utilizza il tuo secchio pieghevole per prendere l’acqua dalla parte più in superficie, così da non smuovere il fango. Potrai, in tal modo, sistemare l’acqua direttamente al campo e far passare dal filtro, dell’acqua più pulita così da preservarlo dall’usura (potresti proteggere ulteriormente il tuo sistema di filtraggio utilizzando dei filtri da caffè).

3. Raccogliere l’acqua

Se lo metti sotto il bordo di una tenda, di un telo o di qualsivoglia altra superficie idonea al deflusso delle acque potrai impiegarlo per raccogliere l’acqua durante la giornata. Ovviamente una simile cosa è ben più semplice da fare con l’apertura larga di un secchio che con il collo stretto di una bottiglia e non richiederà l’uso di alcuna delle tue bottiglie pulite.

4. Lavarsi

Il principio è lo stesso del filtraggio. Quanto ti sentiresti pulito a lavarti in uno stagno o in una pozzanghera? Riempite fino all’orlo il tuo secchio pieghevole, lasciado risiedere l’acqua e lavatevi direttamente al campo. Aggiungendo un po’ acqua calda sarà ancora più piacevole. Ottimo per l’inverno.

5. Lavare i panni

Riempiendo il secchio pieghevole di acqua pulita e aggiungete del sapone potrai facilmente lavare i panni. Se si usa il sapone in uno stagno o in un ruscello, andrà via alquanto rapidamente. Ma col tuo secchio non è così. Aggiungendo dell’acqua calda, di nuovo otterrai risultati migliori.

6. Lavare i piatti

Lavare i piatti al campo è decisamente meglio che stare chini su un ruscello o nei pressi di uno stagno. Potresti di nuovo aggiungere dell’acqua calda per migliorare il lavaggio.

7. Incendio

É sempre meglio avere dell’acqua in più a portata di mano, nel caso che dovrai perdere il controllo dei un fuoco. Non è il caso, infatti, di consumare della preziosa acqua potabile per della sterpaglia infuocata.

Consiglio: Prendi un secchio resistente
Alcuni secchi pieghevoli hanno degli anelli di plastica nella parte superiore ed inferiore. In genere sono più economici ma non si piegano molto per via del bordo che è improbabile che si fletta. Spendete un po’ di più per prenderne uno resistente è molto molto vantaggioso e anche molto più sicuro per la tua sopravvivenza. Prendi quelli senza anelli e che diventi piccolo piegandosi. Assicurati però che abbiano comunque una buona resistenza in modo che possano durare più a lungo.

Le 12 Spezie di cui devi fare scorta per migliorare la sopravvivenza in caso di emergenza

Il cibo pronto, il formaggio, le patate disidratate e le verdure in scatola vanno a male davvero in fretta. Se hai a disposizione spezie, erbe e condimenti, il tuo morale e anche quello del gruppo di sopravvivenza sarà sicuramente ben più alto, perché sarai in grado di trasformare un pasto povero in una vera prelibatezza. E questo tira molto su il morale in una situazione di emergenza.

Le spezie comuni:
1. sale
2. pepe nero
3. peperoncino in polvere
4. aglio in polvere
5. cipolla in polvere
6. cannella (grande anche di frutta)
7. foglie di alloro
8. prezzemolo
9. origano

Le spezie rare:
Includono, in genere, alcuni degli ingredienti già menzionati e sono troppo ricche di sodio ma stai certo che ti trasformeranno qualsiasi cibo in qualcosa di strepitoso.

1. Aromi per la carne (misti di specie fatti apposta per arrosti).
2. Miele (so bene che non è una spezia ma è il miglior additivo culinario in assoluto. In più ha una durata pressoché illimitata).
3. Wasabi in polvere ( non tutti lo amano ma mi sento di dire che se il cibo è buono, lo esalta; se è brutto sicuramente lo migliora).

Nella piramide alimentare della sopravvivenza metterei sicuramente queste spezie e questi ingredienti sul livello del cibo a lungo termine.

tratto da sopravvivenzatotale

Conosciamo davvero la natura?

La vulgata scientista oggi dominante vorrebbe farci credere che della natura, almeno per quanto riguarda il nostro pianeta, sappiamo ormai, se non proprio tutto, quasi tutto; che il mondo dei minerali, delle piante e degli animali non ha più segreti per noi, così come ne ha pochi il mondo dei fenomeni atmosferici; ma è proprio vero?
 
Cominciamo da alcune brevi, semplicissime riflessioni.
 
Primo: noi conosciamo appena la superficie della Terra, non le sue profondità; tutto quel che sappiamo, o che crediamo di sapere, riguardo a queste ultime, è frutto esclusivamente di congettura; di fatto, nessun essere umano si è mai spinto più in basso di qualche chilometro, mentre il raggio del nostro pianeta è di ben 6.350 km. (con una lieve differenza fra il raggio polare, più corto, e quello equatoriale, più lungo).
 
Secondo: tre quarti della superficie terrestre sono occupati dai mari e dagli oceani, la cui conoscenza, specialmente per quel che riguarda i fondali, è molto approssimativa rispetto alla terra ferma; anche in quest’ultima, peraltro, esistono vaste zone pochissimo conosciute.
Quel che sappiamo della foresta equatoriale, lo sappiamo quasi soltanto dalla fotografia aerea; ma essa ci mostra solo la superficie dei fiumi più larghi e le chiome degli alberi più alti, a quaranta o cinquanta metri d’altezza dal suolo; di quel che si trova al si sotto, possediamo nozioni nel complesso rudimentali.
 
Terzo: quel che sappiamo del mondo vivente si può desumere dal fatto che non siamo neppure in grado di fare una stima attendibile, non degli individui, ma delle specie: le cifre proposte dai biologi oscillano entro un margine amplissimo, da un minimo di tre milioni a un massimo di trenta milioni di specie; ma quelle che conosciamo effettivamente, che abbiamo studiato e catalogato, sono solo una piccolissima percentuale di esse…
 
 
È vero che, per la maggior parte, si tratta di specie di piccole o piccolissime dimensioni, insetti specialmente; ma è altrettanto vero che, in tempi storici e addirittura recenti, per esempio lungo tutto il corso del XX secolo, sono stati scoperti esemplari viventi di grandi dimensioni, dei quali non si sospettava minimamente l’esistenza: dall’okapi al gorilla di montagna, dal celacanto al leopardo delle nevi, dal drago di Komodo al canguro arboricolo di Vogelkop, nella fitta foresta della Nuova Guinea Occidentale.
Sospettiamo, ad esempio, che esistano numerose altre specie di uccelli, perché, nel cuore della foresta amazzonica, sono stati uditi dei canti e dei richiami diversi da quelli di tutte le specie a noi note, ma nessuno le ha viste; e abbiamo ragione di pensare che, in mare, vivano delle creature di notevolissime dimensioni, perché, di tanto in tanto, le onde gettano a riva dei resti putrefatti, e quindi irriconoscibili, appartenenti ad esseri sconosciuti alla zoologia marina.
In altri casi, sono le impronte sul terreno, o dei resti di escrementi, a suggerire che vivano tuttora animali di grossa taglia, mammiferi e rettili, che la scienza ignora; alcune tradizioni e alcuni racconti di popolazioni indigene sostengono addirittura che esistono, ai nostri giorni, o che esistevano fino ad anni recentissimi, creature simili ai dinosauri, nei recessi più impervi della foresta africana, nel bacino del Congo, lungo i fiumi del Camerun o nelle paludi dello Zambia; e che una o più specie di “gigantopithecus” si aggirino sulle pendici dell’Himalaya.
Alcuni testimoni occasionali sostengono di aver visto, nella foreste africane o sud-americane, serpenti di dimensioni spropositate, più grandi di qualunque anaconda; e un certo numero di marinai, compresi capitani di nave, sostennero e sostengono tuttora di avere avvistato creature acquatiche di lunghezza mostruosa, come i leggendari serpenti di mare; avvistamenti analoghi si segnalano anche nelle acque di numerosi laghi, sparsi in tutto il mondo: dall’Europa all’America Settentrionale, dall’Asia all’Australia.
 
Scrive Lino Penati, un naturalista che si è occupato anche degli enigmi della cripto zoologia (ad esempio, del mistero della Bestia del Gévaudan) nel libro “Gli animali della giungla” (1):
 
«…La nostra ignoranza è particolarmente clamorosa nel caso delle specie alate della giungla tropicale, di moltissime delle quali, composte di pochi esemplari scarsamente visibili, si sospetta l’esistenza solo per il canto non identificato ascoltato al mattino o a sera, sulle radure e lungo i corsi d’acqua. In un solo ettaro di foresta dell’Ecuador sono state contate non meno di 40 specie di uccelli; di taluni esemplari unici della Nuova Guinea, conservati nei musei, non si sa ancora se si tratti di vere specie o di incroci tra specie tuttora ignote; nell’Africa occidentale, tre specie di picchi vivono rispettivamente solo nel Camerun, all’isola di Fernando Poo e sul Monte Kupé; due specie di assioli vivono solo nelle isole di Annobon e di Sao Tomé, l’assiolo di Morden solo in pochissimi chilometri quadrati della foresta di Arabuko-Sokoke in Kenya (sparirà se questa verrà abbattuta o incendiata). Un succiacapre non lascia il Ruwenzori, e del bellissimo colombo silvano del Congo e dell’Uganda nessuno ha mai trovato nidi e uova.
La giungla ospita uccelli rimasti immutati da milioni di anni, veri relitti sul cammino dell’evoluzione [beninteso, aggiungiamo noi, se si considera l’evoluzione una realtà dimostrata e non una semplice ipotesi scientifica] I pitacarte, parenti dell’usignolo del Giappone, e di certe cince della California, presenti con popolazioni isolate nelle foreste dell’Africa occidentale, si nascondono sul terreno dove procedono a balzi e razzolano all’indietro; fanno nidi a ciotola tra le rocce e trasportano materiale da costruzione e preparano il nido in una sorta di fagotto vegetale. Nella valle congolese dell’Ituri vive il pavone del Congo (“Afropavo congensisi”), che sta tra il pavone e le galline faraone, con penne a caratteristiche primitive e abitudini notturne; scoperto nel 1913, quasi non costruisce il nido e i suoi richiami si trasmettono da gruppo a gruppo attraverso chilometri di giungla. Il fossile vivente della foresta amazzonica, l’Hoazin […], ricorda l'”Archaeopterix” e forse è immutato da 40-50 milioni d’anni.»
 
Uccelli la cui esistenza si sospetta solo per averli uditi cantare, nelle primissime ore del giorno oppure poco prima del sopraggiungere del buio; altri, il cui habitat è limitato a piccole isole lontane dalle coste o a singole montagne e singoli distretti forestali; altri ancora i quali, pur conservati nei musei naturalistici, non si sa a quale specie ascrivere; una specie di pavone africano scoperto solo alla vigilia della prima guerra mondiale…
L’elenco delle “stranezze” potrebbe continuare, e fin qui abbiamo parlato solo degli uccelli della foresta equatoriale; tuttavia crediamo di aver raggiunto lo scopo di mettere la classica pulce nell’orecchio a quanti pensano che, nel campo della zoologia, a parte gli insetti, non ci sia quasi più niente da scoprire.
 
Fino a qui ci siamo limitati a parlare delle creature viventi; ma che dire dei fenomeni atmosferici, che la meteorologia credere di conoscere quasi interamente?
Sappiamo che ogni anno, e specialmente in certe zone dei mari e degli oceani, ad esempio nel medio Atlantico e ad Est dell’Arcipelago giapponese, scompaiono imbarcazioni, anche di grosse dimensioni, ed aerei, talvolta intere squadriglie (come nel celebre caso del dicembre 1945), dei quali non viene poi trovata la benché minima traccia: né rottami, né macchie di olio o di carburante, né, tanto meno, i corpi degli sfortunati esseri umani che si trovavano a bordo, membri dell’equipaggio e passeggeri.
Per spiegare le frequenti scomparse nel cosiddetto Triangolo delle Bermuda, ad esempio, alcuni studiosi, pur respingendo l’idea stessa che un tale “triangolo” esista, sono stati costretti ad ipotizzare dei fenomeni assolutamente subitanei e d’impensabile distruttività, dei vortici oceanici e delle trombe marine con caratteristiche anomale, che si comportano in maniera radicalmente difforme rispetto ai fenomeni naturali conosciuti.
 
E fin qui ci siamo limitati a parlare delle creature viventi e dei fenomeni dell’aria e del mare; non abbiamo detto nulla di fenomeni ancora più sorprendenti, come quelli che riguardano il paranormale o il soprannaturale; non abbiamo detto e non diremo nulla, in questa sede, della telepatia, della chiaroveggenza, della retro-cognizione, dello sdoppiamento del corpo astrale, della levitazione, della incombustibilità, della capacità di alcuni fachiri di camminare sui chiodi, di ingoiare pezzi di vetro, di farsi seppellire e riemergere, vivi e sani, dopo giorni e giorni; oppure di quella, propria di certi mistici, di vivere per molti anni senza assumere alimenti, né solidi, né liquidi; di proiettarsi a distanze anche grandissime, sotto lo sguardo di numerosi testimoni; di far fiorire giardini in pieno inverno o diffondere inspiegabili profumi intorno a sé.
 
E non abbiamo detto nulla, né, in questa sede, intendiamo farlo, dei salti spazio-temporali, per cui alcuni soggetti compaiono inaspettatamente in luoghi lontani, senza sapere come e perché, o in epoche diverse da quelle cui appartengono; e neppure delle guarigioni miracolose e scientificamente inspiegabili; né delle inaudite trasformazioni che si manifestano nel corpo e nelle facoltà di soggetti posseduti da forze inspiegabili, di natura chiaramente maligna; né, ancora, di provvidenziali interventi di soggetti che salvano individui in pericolo, per poi scomparire nel nulla, così come dal nulla erano sembrati apparire…
 
Crediamo che la natura non abbia più segreti per noi; però non sappiamo spiegare da dove vengano le pietre che “piovono” dall’alto durante una seduta spiritica, apparentemente attraversando il tetto, ma, cosa ancora più strana, senza mai fare del male alle persone, almeno in modo serio; né come mai una persona incolta si metta, a un certo punto, a parlare in greco antico, in egiziano e in altre lingue scomparse ed a lui assolutamente sconosciute.
Non sappiamo cosa siano gli Oggetti Volanti Non Identificati, né da dove vengano, né di quale energia si servano per evoluire nei cieli in maniera contraria alle leggi fisiche a noi note; non sappiamo chi abbia tracciato i cerchi nel grano, almeno quelli più grandi e complessi, veri e propri arabeschi comparsi nei campi coltivati nello spazio di una sola notte, forse di pochi minuti; e non sappiamo come spiegare la presenza di manufatti inglobati in rocce antiche milioni e milioni di anni, quando, ci dicono gli scienziati “ortodossi”, delle creature intelligenti ed evolute non potevano assolutamente esistere sul nostro pianeta.
Pensiamo di essere pronti per l’esplorazione dello spazio, ma non sappiamo dire che cosa avvenne esattamente nella foresta siberiana, presso le rive del fiume Tunguska, in quel terrificante 30 giugno del 1908, quando migliaia di alberi vennero abbattuti da una forza immane e subitanea, subito dopo che una luce abbagliante aveva solcato il cielo.
 
Sono tante, tantissime le cose che ignoriamo; però non abbiamo l’onestà intellettuale di riconoscerlo e preferiamo fare finta che sul nostri pianeta non vi sia più alcun mistero da spiegare, ostentando uno scetticismo imbevuto di pregiudizi materialisti.
Il mondo non è così piccolo come vorremmo credere; la storia umana, che crediamo di conoscere piuttosto bene, forse è tutta da riscrivere e da retrodatare di milioni di anni; mentre della natura, che pensiamo non abbia più segreti per noi, si può dire che conosciamo appena un po’ la superficie, ma non le profondità nascoste.
La verità è che l’ubriacatura razionalista e illuminista ha ritardato di secoli l’elaborazione del un giusto atteggiamento da tenere nei confronti della natura, del suo studio, di quello che crediamo il suo assoggettamento; e, in particolare, ci ha indotti a stabilire una distinzione troppo rigida fra ciò che i filosofi medievali chiamavano l’ordine naturale e l’ordine soprannaturale.
Così, abbiamo finito per credere che tutta la realtà si possa spiegare con gli strumenti della ragione strumentale e calcolante, con il metodo sperimentale, con le categorie del materialismo e del meccanicismo, con i dogmi dello scientismo; e che non vi siano altre realtà, altri livelli di verità, al di fuori di quelli.
Abbiamo confuso i misteri con i problemi e ci siamo illusi che tutto, prima o poi, verrà spiegato in termini di dimostrazione matematica; invece non è affatto così…
 

http://crepanelmuro.blogspot.it

Il Nemico numero uno: la disidratazione

L’acqua è fondamentale per qualsiasi essere vivente… ma cosa succede
se rimaniamo a corto di acqua per troppo tempo e le previsioni meteo non ci salveranno la giornata


La disidratazione è una condizione patologica che si viene a creare nel momento in cui l’organismo è carente di acqua a motivo di una perdita eccessiva (diarrea, iperidrosi, ustioni, vomito, assunzione di farmaci diuretici o lassativi, abitudini dietetiche scorrette ecc.) oppure a causa di una insufficiente idratazione. Come è noto, l’acqua è il principale componente dell’organismo umano, l’acqua ne costituisce infatti circa il 65%, un dato ovviamente medio, dal momento che sono notevoli le variazioni individuali (a livello muscolare il contenuto di acqua è maggiore rispetto a quello della massa grassa); l’acqua è presente sia a livello intracellulare sia extracellulare sia intravascolare. Ulteriori approfondimenti sulle caratteristiche e sul ruolo dell’acqua sono reperibili nel nostro articolo a essa dedicato: L’acqua.

L’acqua viene eliminata dall’organismo attraverso varie forme, le più note sono le urine e il sudore, ma l’espulsione dell’urina e la sudorazione non sono gli unici processi attraverso i quali l’organismo umano elimina l’acqua. Ovviamente queste perdite di liquido devono essere necessariamente reintegrate, pena un non corretto funzionamento delle reazioni dell’organismo che, come sappiamo, avvengono tutte in soluzione acquosa. È cosa risaputa che non è possibile assicurare la sopravvivenza di un organismo se esso non viene rifornito di acqua per più di un certo numero di giorni.
Un essere umano in condizioni di riposo e a una temperatura di circa 20 °C perde circa un 1 ml di acqua al minuto; in determinate condizioni (attività fisica, aumento della temperatura ecc.), soprattutto a motivo della sudorazione, la perdita per minuto può diventare molto più consistente (anche 25 ml al minuto).

Le tipologie di disidratazione

Vengono distinte tre tipologie di disidratazione:

disidratazione ipertonica
disidratazione isotonica
disidratazione ipotonica.
Si ha disidratazione ipertonica se l’introito di liquidi non consente di reintegrare efficacemente le perdite e si ha una maggiore eliminazione di acqua che di sali.
Si ha disidratazione isotonica quando l’organismo accusa una perdita di acqua e di sali minerali in proporzioni equilibrate; è il caso della disidratazione provocata da diarrea, vomito o sudorazioni particolarmente intense.
Si ha disidratazione ipotonica se, proporzionalmente, si perdono più sali che acqua; uno dei motivi di tale tipo di disidratazione è da ricercarsi nell’abuso di farmaci diuretici. La disidratazione ipotonica è molto pericolosa perché può causare iponatremia.

Sintomi e conseguenze della disidratazione

I sintomi di un quadro di disidratazione possono essere suddivisi secondo un quadro soggettivo e uno oggettivo. Tra i sintomi di tipo soggettivo rientrano

ansia
astenia
freddezza alle estremità
palpitazioni
vertigini
sete.
Tra i sintomi di tipo oggettivo ricordiamo:

ipotensione
ipovolemia
secchezza di cute e mucose
variazioni nel quadro elettrolitico.
La disidratazione può avere conseguenze molto serie. Un organismo che si sta disidratando risponde bloccando, o comunque limitando, il meccanismo della sudorazione; una reazione difensiva che tende a risparmiare il poco liquido ancora presente; la mancata sudorazione però porta a lungo andare a problematiche a livello di termoregolazione e può essere causa del cosiddetto colpo di calore. Un’altra seria conseguenza della disidratazione è l’ipovolemia, ovvero la diminuzione della volemia, il volume totale del sangue; in caso di ipovolemia, la circolazione sanguigna risulta alterata provocando un affaticamento cardiaco che, nei casi più gravi, può portare a un collasso cardiocircolatorio. Altre conseguenze possono essere l’iponatremia, disturbi gastrointestinali, allucinazioni, infarto ecc.

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