Autore: SOS2012

Come costruire una zattera di fortuna

Cosa può essere utile nella progettazione di una zattera in sopravvivenza

In ambienti marini, lacustri, fluviali (ecc.) può capitare di dover navigare o semplicemente attraversare zone ricoperte d’acqua al fine di raggiungere una costa o ad esempio una nave che ci tragga in salvo. La prima cosa da fare è elaborare (se non per iscritto almeno a mente) un progetto di ciò che ci apprestiamo a “mettere insieme”, fatto questo occorre procurarsi la materia prima atta ad approntare l’imbarcazione di fortuna:
La base galleggiante – Legna (tronchi, più tronchi uguale più distribuzione dei pesi e quindi maggiore portata), copertoni, camere ad aria o bidoni di plastica chiusi ermeticamente (insomma qualcosa di solido e allo stesso tempo abbastanza leggero da galleggiare).
Corda – Più corde lunghe e robuste (anche ricavate dalla vegetazione, di qualsiasi materiale purchè resistenti all’usura e alla tensione a cui verranno sottoposte); in assenza di corde e nell’impossibilità di costruirne, la zattera può essere tenuta insieme anche incastrando saldamente tra loro le parti compositive del “mezzo”.
Coperture – Se possibile qualcosa di piatto che saldamente tenga insieme i galleggianti su cui poi stare durante la navigazione (es. pezzi leggeri di edifici come porte, persiane, ecc.); se pensiamo che la traversata durerà molto possiamo approntare poi una qualche copertura a “v” o a “tettoia” (protezione contro sole, pioggia, ecc.).
Strumenti di navigazione – Sarebbe molto utile una salda e ampia vela “ammainabile” (ottenuta magari unendo fogliame di gradi dimensioni, vestiti, coperte, ecc.) e sicuramente uno o più remi/pagaie (bastoni lunghi e resistenti se si deve attraversare ad esempio un fiume poco profondo, bastoni medi con delle parti piatte legate a “x” per tragitti di altro genere); se infine le condizioni lo permettono un qualcosa di piatto semi-immerso perpendicolarmente sul retro che dia la possibilità di essere “girato” al fine di alterare la direzione di navigazione.

Cosa tenere presente nella costruzione di una zattera di sopravvivenza

Vediamo ora cosa tenere presente durante la costruzione della nostra “zattera di salvataggio”:
Trasporto e strumenti – Non di secondaria importanza è poi il poter trasportare fino al luogo di ammaraggio i materiali da costruzione intatti (senza correre rischi) e soprattutto il poterli “lavorare” (un coltello è sempre utile ma rocce o oggetti taglienti possono in taluni casi risultare buoni sostituti; per il “martello” usiamo rocce sferiche di media dimensione); ricordiamo poi che l’imbarcazione finita potrebbe dimostrare un certo peso, stiamo quindi vicini alla riva ed eventualmente costruiamo uno “scivolo”.
I galleggianti – E’ possibile usare dei tronchi di media dimensione e legno leggero, contenitori in plastica chiusi ermeticamente, pneumatici, camere ad aria, ecc.; se si decide di utilizzare oggetti gonfiati è buona norma assicurarsi che durante la navigazione non ci sia qualcosa che li possa forare (spine, scogli, ecc.)
Coesione – Se i galleggianti e ciascuna altra componente dell’imbarcazione non sono tenuti insieme in modo intelligente in breve il tutto cederà agli urti dell’acqua; in assenza di chiodi adatti è comune l’uso di corde (anche ricavate dalla vegetazione) o i caso estremo di sistemi ad incastro; nel dare “coesione” ricordiamo un unico principio: tutte le componenti devono poter subire pressioni almeno dal basso (acqua) e dall’alto (equipaggio) senza danneggiarsi (usiamo più corda possibile, facciamola girare e “penetrare” il più possibile attorno a ciascuna componenti della barca).
Sicurezza – Risulta spesso utile avere la possibilità di aggrapparsi a qualcosa di solido, di affrancare i remi ed eventualmente di chiudere/ritirare la vela; facoltativamente una cesta/scatola ben affrancata (per trasportare cibo, strumenti per la segnalazione, attrezzi per riparazioni e/o pesca, ecc.).
Navigare – Perchè un natante sia minimamente adatto alla navigazione è necessario che sia più lungo che largo; in secondo luogo, per stare a galla, se di legno, deve avere una doppia struttura di tronchi fissati e sovrapposti in direzione opposta (sotto quelli pesanti, sopra i più leggeri, questo perchè il legno galleggia ma non abbastanza da sostenere forti pesi; una parte resterà difatti sommersa).
Resistenza – Prima di effettuare il vero e proprio “ammaraggio” è indispensabile testare prima su terra e poi in acque poco profonde la stabilità, la robustezza e la funzionalità della zattera; mai caricare oggetti inutili, se abbiamo usato del legno come galleggiante ricordiamo che la massima portata si aggirerà attorno alle 2-3 persone (durante la navigazione stiamo il più possibile seduti senza danneggiare lo “scafo”).Le indicazioni qui riportate non fanno parte di un vero e proprio progetto da seguire passo passo (in situazioni di pericolo non sapremmo come comportarci) ma possono essere considerate come consigli atti a realizzare una zattera in grado di resistere il tempo necessario a raggiungere la propria “salvezza”.

Approntare un riparo di fortuna: dove e perchè

Perchè un ricovero

Lo scopo principale per cui viene costruito un ricovero, fondamentalmente, è quello di conservare il più a lungo possibile il corpo proteggendolo dagli elementi naturali (rimanere caldi, asciutti e in forze). Sarà quindi basilarmente necessario:

  • Avere spazio per accendere un fuoco.
  • Dar vita a strutture sufficientemente grandi da garantire una certa comodità nei movimenti ma non tanto da disperdere il prezioso calore prodotto (ad esempio dall’accensione di un fuoco).
  • Altra esigenza irrinunciabile è quella di garantire una continua ventilazione che impedisca nell’area d’azione l’accumulo di ossido di carbonio (generato dalla combustione).

Come procedere: quali le scelte e su cosa riflettere

La realizzazione di un ricovero sicuro non risulta un’impresa impossibile ma necessita inevitabilmente l’applicazione di alcune norme teoriche e pratiche molto importanti:

  • Pericoli naturali – Il riparo deve situarsi in aree sicure rispetto a pericoli naturali (quali valanghe, piene di corsi d’acqua, caduta massi, ecc.); evitare quindi canaloni letti di fiumi (ecc.).
  • Punto strategico – Individuare un punto strategico tale da avere a portata: fonti idriche, di cibo e legna (non troppo vicine ovviamente); deve essere possibile reperire: cibo (vegetale ed eventualmente animale), materiale da ardere e da utilizzare per la costruzione (sia del riparo sia di utensili).
  • Risultare visibili – Se ci troviamo in difficoltà, la locazione che scegliamo deve inoltre essere il più possibile visibile da eventuali soccorsi; è solitamente conveniente cercare un luogo vicino ad un bosco (non propriamente al suo interno, si rischia di non essere visti).
  • Variabili d’ambiente – Tenere sempre presenti le “variabili” di “stagione” e di “locazione” (condizioni climatiche, animali, insetti, ecc.) e reagire di conseguenza; a seconda della stagione e del clima scegliere ad esempio la cima di una collina (in climi tropicali, per il benefico effetto della ventilazione che terrà lontani insetti e calore) o il riparo di un costone roccioso; in inverno e in zone impervie scegliere aree al riparo: dal vento, dal freddo e dalla neve.
  • Il terreno – La pendenza del terreno non deve essere esagerata; i terreni scoscesi potrebbero provocare slittamenti o ad esempio dannosi scompensi dovuti all’irregolare circolazione sanguigna durante il riposo.
  • Umidità – In caso di permanenza prolungata (soprattutto notturna) controllare l’umidità della zona; se esiste scelta, sono sconsigliate le zone paludose che, oltre ad essere umide sono molto probabilmente popolate da insetti con i quali sarebbe problematica una “convivenza”.
  • Per quanto – Approntare il ricovero (solidità, studio dei dettagli, ecc.) in base al tempo che si calcola di restarci; il tempo di permanenza nel luogo è fattore importante per decidere il grado di accuratezza dell’organizzazione.

Argilla: il benessere che proviene dalla terra

L’argilla rappresenta uno dei più antichi rimedi naturali conosciuti, si dice che il suo uso risale ai principi dell’umanità, poiché l’uomo istintivamente, imitando gli animali che si rotolano nel fango, ne abbia conosciuto le proprietà.
L’argilla ha proprietà antinfiammatorie, purificanti, lenitive, antibiotiche, cicatrizzanti, antisettiche, idratanti, disintossicanti, decongestionanti, immunostimolanti, tonificanti, rinfrescanti e molto altro.
I vantaggi dell’argilla sono molteplici giacché è un efficace antibiotico, disintossica l’organismo, mantiene la salute dell’apparato digerente, arricchisce il sangue, assorbe le radiazioni nocive, distrugge le cellule malate, rivitalizza il metabolismo, stimola le funzioni della pelle, favorisce l’eliminazione dell’acido urico e tonifica in genere.


Tutte le argille hanno le stesse qualità ma in proporzioni diverse.
 
Argilla Verde
 
Utile negli impacchi come antinfiammatorio, analgesico e ingerita calma le ulcere dello stomaco e regola le funzioni intestinali. Ne va preso un cucchiaio in un bicchiere d’acqua e lasciato riposare in modo che l’argilla si depositi nel fondo, si beve al mattino appena svegli.
 
Stimola la circolazione di ossigeno, nutre e rigenera la pelle deteriorata e può essere usata anche come shampoo per capelli grassi.
 
Argilla Bianca
 
Questo tipo di argilla è più neutra e delicata ed è impiegata principalmente per uso interno.
Per uso esterno può essere applicata come cataplasmi e maschere, nei bambini si può applicare per la disinfezione. Può essere utilizzata anche come collutorio orale e borotalco per i bambini.
 
Argilla Rossa
 
E’ un’argilla utilizzata soprattutto a livello medicinale per la sua capacità di assorbire le ulcere gastriche, colite e gastrite. È utilizzata anche per bagni medicamentosi, problemi di pelle e inoltre è un ottimo tonico.
 
Tutte le tipologie di argilla possono essere applicate in molti modi diversi interni o esterni ma è fondamentale che né il metallo né la plastica entrino in contatto con la sostanza.
 
Possiamo preparare l’argilla in modo naturale, o mescolandola con oli, infusi o tinture. Sempre in base all’impiego che ne dobbiamo fare.
 
Nelle ferite e nelle ustioni può essere messo direttamente una volta preparato con acqua se invece si tratta di fratture e distorsioni, possiamo anche miscelarla in un infuso di arnica.
 
Per la cellulite possiamo fare degli impacchi nelle zone da trattare, miscelando l’argilla con infuso di betulla o di centella asiatica.
 
In casi di febbre, possiamo fare dei cataplasmi da applicare sull’addome e sostituendoli ogni volta che andrà a riscaldarsi, tendono ad assorbire il calore.
 
L’argilla può avere delle controindicazioni, e per tanto è sempre bene sentire il consiglio del proprio medico quando decidiamo di prenderla per via orale.

http://ambientebio.it/argilla-proprieta-e-benefici/

Come costruire una rete da caccia o da pesca

Immagine documento

In condizioni di sopravvivenza, saper costruire una rete da caccia o da pesca può risultare estremamente utile, sia per catturare selvaggina, sia per pescare (ove ce ne fosse occasione). In questo articolo non ci soffermeremo alle differenze tra i vari tipi di rete ma punteremo a metterne insieme una di fortuna.

Senza bisogno di scendere in dettagli tecnici è più che naturale che, con materiale di recupero, difficilmente riusciremo a catturare prede (terresti o subacquee) superiori ai 25-30cm di lunghezza. Evitiamo quindi di scegliere obiettivi troppo grandi o pericolosi.

La materia prima per costruire una rete

  • Rete da pesca – Per realizzare una rete da pesca dobbiamo necessariamente avere a disposizione parecchia corda. Ne abbiamo bisogno una più spessa per i bordi e una il più possibile sottile, resistente ed elastica (come costruire una corda).
  • Rete da caccia – Oltre alla corda potrebbe tornarci utile qualche pietra (da massimo 0.25kg l’una) per bloccare a terra la preda e impedirle di divincolarsi. In questo caso optiamo per una corda con un diametro più sostenuto e maglie più larghe.
  • Strumenti utiliColtello/lama per tagliare, esche, pietre per non far muovere la rete durante l’elaborazione ed eventualmente dei legnetti da legare in cima alle varie corde per aiutarci ad intrecciare il tutto.
  • Quanta corda serve – Per sapere quanta corda ci serve calcoliamo che per una rete di 1.5×1.5m servono almeno 300m di filamento (anzi, se possibile, abbondiamo a 350m). A meno che pensiamo di dover rimanere per parecchio tempo lontani dalla civiltà, produrre così tanta corda (manualmente) è decisamente sconsigliabile.

Come costruire una rete

Ecco alcuni rapidi passaggi:

  • Spazio e tempo – Mettere insieme una rete non è difficile ma abbiamo bisogno di calma, di tempo nonchè di uno spazio ampio e piano dove distendere i filamenti affinchè non si sovrappongano. La maggiore difficoltà è nel non far aggrovigliare i vari filamenti.
  • Tendere il filo di partenza – Per prima cosa occorre tendere la corda più spessa fissandola in due punti ad altezza uomo (ad esempio tra due alberi). Questa corda di partenza deve essere lunga quanto il lato della rete (es. per una rete di 3x3m deve essere lunga più di 3m).
  • Dimensioni della maglia – Alla corda tesa appoggiamo a distanze regolari (es. ogni 3cm) delle cordicelle doppie (lunghe 3m l’una) e fissiamole grazie a dei nodi a bocca di lupo (fig.1A-B). Ricordiamo che la distanza che intercorre tra un filamento doppio e l’altro stabilisce la lunghezza della diagonale minore di ciascun rombo della rete.
  • Intrecciare la rete – Fissati tutti i filamenti doppi a debita distanza, non ci resta che prendere una cordicella da un filamento doppio e una da quello limitrofo per poi annodarle a metà della distanza (fig.1C-D-F-G). Si tratta di afferrare i due filamenti, creare un cerchietto, entrare nel maglio superiore, passare per il cerchietto e tirare i capi tenendo un dito nel maglio superiore all’altezza dove vogliamo che il nodo rimanga.
  • Simmetrie – Se sbagliamo è probabile che dovremo rifare tutto da capo (una volta tesa, la rete è difficile da disfare); facciamo quindi attenzione a mantenere i nodi paralleli tra un filamento e l’altro. Come maglie della rete proviamo inoltre a creare dei quadratini invece che dei “rombi allungati”.
  • Fissare la rete – Conclusa la rete, facoltativamente, possiamo fissarne le cordicelle inferiori “penzolanti”. Prendiamo un’altra cordicella e fissiamoci a distanze regolari ciascun filamento con un nodo parlato o un nodo a mezza chiave (fig.1H).
  • Infilare la rete – Una volta ultimata la nostra rete può essere “infilata” in una corda più spessa. Facciamo passare attorno al suo perimetro, un rombo si e uno no, la nostra corda. Nel caso di rete da pesca infiliamo i galleggianti nella corda esterna e non nella rete. In caso di rete da caccia fissiamo i sassi-zavorra sulla rete stessa e non alla corda esterna.
  • Accorgimenti – Assicuriamoci di fissare tutti i nodi in modo tale che non si muovano. Prima di utilizzare la rete testiamone solidità/elasticità sul terreno di impiego (acqua, terra, aria, ecc.).

Come usare la rete

Per quanto parleremo più approfonditamente di caccia e pesca con la rete, ecco alcuni spunti:

  • Pescare – Abbiamo molte possibilità di impiego per la nostra rete, eccone alcuni: ben fissata ai lati di un piccolo torrente (in maniera tale da poter essere recuperata da un solo lato); in una struttura a clessidra (da cui è facile entrare attratti da un’esca ma difficile uscire); applicata ad un retino (un bastone ben fissato ad una robusta struttura di sostegno circolare/rettangolare); fino all’uso tramite barca e galleggianti. In tutti i casi facciamo in modo che la nostra rete sia stabile almeno 3 lati su 4 (zavorrata sul fondale e ai lati) in maniera da evitare la fuga dei pesci.
  • In generale – Facciamo anche attenzione alla dimensione delle maglie della rete e alla loro resistenza in relazione alla preda che vogliamo imprigionarvi. Non di rado anche piccoli animali/pesci sono dotati di apparati acuminati in grado di tagliare la nostra corda (denti, unghie, protuberanze ossee, cartilaginee, ecc.).
  • Cacciare – Per la caccia, una rete può essere utile se zavorrata e lasciata cadere dall’alto o ad esempio sollevata dal basso per poi chiudersi su se stessa.
  • Trasporto – Oltre che per catturare pesci e selvaggina una rete chiusa può aiutare a trasportare oggetti. Vedere anche come costruire un’amaca e un ponte di corda.

Gli impieghi sono molteplici ma non è facile improvvisarsi cacciatori o pescatori in breve tempo, occorre fare pratica e progettare strategie efficaci. Istinto, agilità e riflessi che noi abbiamo dimenticato vanno affrontati con l’ipertrofica capacità umana di ragionare.

Sopravvivenza: la costruzione di un badile, una vanga o una pala

 

A cosa può servire una pala

 

Avere a propria disposizione un utensile come un badile o una vanga può in più modi  facilitare la sopravvivenza in condizioni ostili (non è un segreto che scavare a mani nude una fossa più profonda di 60cm sia decisamente arduo); le evenienze più comuni, sono quelle che ci vedono costretti a: ricavare canali di scolo, trappole, dissotterrare/nascondere oggetti o ancora ammucchiare rapidamente del materiale (ghiaia, sabbia, neve, ecc.).

 

In questa spiegazione cercheremo un modo efficace per mettere insieme un badile, una vanga e/o una pala di fortuna. Prima di iniziare è tuttavia importante dire due cose: la prima è che la durata dell’attrezzo che andiamo ad “assemblare” sarà molto ridotta, la seconda che la sua longevità sarà fortemente influenzata dai materiali, dalla cura con cui lo fabbricheremo e soprattutto dal terreno in cui lo impiegheremo.

 

I materiali per mettere insieme la pala

 

Scegliamo bene cosa usare in relazione a ciò che abbiamo a nostra disposizione e progettiamo il nostro utensile di conseguenza:

 

  • Strumenti utili – Non dobbiamo farci mancare una “lama” per tagliare (di roccia o metallo – come costruire un coltello), una pietra per levigare e una per piallare.
  • Il manico – Per il manico occorre trovare un legno spesso, lungo, asciutto, non fessurato e robusto; in assenza di legno è possibile impiegare del materiale plastico rigido (pieno) o del metallo (meglio se cavo); per quanto riguarda le dimensioni, nel caso specifico, l’ideale sarebbe da un minimo di 15cm di diametro fino ad un massimo di 20cm per una lunghezza minima di 85cm fino a circa 130cm. La sezione, quadrata, rettangolare o rotonda non è rilevante.
  • La pala – Per questa componente possiamo optare per i seguenti materiali (in ordine di efficacia): metallo (per scavare terra mista a pietra), pietra (per scavare terra), legno (per fango) o plastica molto resistente (per sabbia, neve o spostamento oggetti). In quanto a misure dobbiamo stare entro questi parametri: da un minimo di 20cm ad un massimo di 30cm di larghezza e da un massimo di 35cm ad un minimo di 20cm di lunghezza; per quanto concerne lo spessore, se non abbiamo metallo, è consigliabile non scendere sotto i 2-2,5cm e non salire sopra i 4-4,5cm.
  • La corda – Abbiamo bisogno di parecchia corda del diametro di circa 2-3cm per una lunghezza di 5-6m (in ogni caso meglio abbondare dato che dovremo certamente apportare modifiche o sostituzioni). Per la costruzione della corda rimandiamo al tutorial come costruire una corda.

 

Come costruire la pala

 

Premesso che difficilmente otterremo una pala con cui sarà “confortevole” lavorare, ecco le indicazioni di assemblaggio delle parti (in figura 1 possiamo vederne un esempio):

 

  • Lavorare il bastone – Aiutandoci con una roccia cerchiamo di ottenere un “manico” liscio, regolare, levigato e privo di schegge; fatto questo occorre individuarne l’estremità con il diametro maggiore e praticarvi, esattamente a metà, un leggero incavo nel quale cercheremo di incastrare la pala (fig.1A).
  • La forma della pala – A seconda del lavoro che dobbiamo portare a termine esistono più forme utili (es. per la neve una forma più rettangolare, per un terreno più impervio una più triangolare) ma la “via di mezzo” descritta in figura 1 è senza dubbio la più versatile. Nel delimitare questa componente cerchiamo di lasciare anche un’area sagomata “ad incastro” come descritto in figura 1A in verde (che va poi a combaciare con l’incastro del manico).
  • La superficie della pala – Prima di collegare manico e pala, se questa ha spessore e resistenza sufficiente, è possibile levigarne la superficie creando un leggero incavo (come se fosse un cucchiaio) e “affilarla” fino a ricavare una specie di di filo nella parte inferiore; apportando queste migliorie renderemo l’atto dello scavare notevolmente più agevole.
  • I buchi – I fori di figura 1 vanno praticati affinchè la corda possa passarvi attraverso e fissare la due parti; nel ricavarli ricordiamo sempre e comunque di definirli in zone intermedie (mai vicino ai bordi), che devono essere molto piccoli e assolutamente ben levigati all’interno (onde evitare un’usura esponenzialmente superiore della corda).
  • Collegare pala e bastone – Il punto nevralgico dello strumento è quello che collega il manico alla pala, come descritto in figura 1 dobbiamo creare una struttura solida e stabile: facciamo passare simmetricamente i due estremi della cordicella attraverso tutti i buchi alternando via via a incroci di cordicelle diagonali passaggi orizzontali e a passaggi orizzontali altrettanti obliqui. Non ci sono regole fisse, tutto sta nel peso della pala e nello spessore/resistenza della corda, l’unica certezza è che la tensione deve essere massima.
  • L’impugnatura – Dato l’ampio diametro che abbiamo calcolato possiamo permetterci di levigare e/o assottigliare i punti in cui la impugneremo e, in secondo luogo, di avvolgerla con degli stracci o con della corda più morbida; il fatto di curare un’impugnatura “ergonomica” può fare la differenza tra conservare le proprie mani intatte per tutto il tempo dello scavo oppure no.
  • Rifiniture – Una volta ultimato il lavoro è possibile cospargere di materiale “colloso” non tossico o nutriente (es. della resina) l’area di congiunzione tra manico, corda e pala. Se poi l’utensile risulta corto è possibile applicare all’estremità opposta alla pala una seconda impugnatura perpendicolare (magari un legnetto fissato saldamente con una cordicella, in stile vanga militare).

 

Per concludere, prima di impiegare il nostro attrezzo testiamone la resistenza; fatto questo cerchiamo di non sottoporlo a sforzi oltre il necessario e al di fuori della su portata (evitiamo ad esempio di utilizzare la pala come se fosse un’accetta).

Sopravvivere: istruzioni per costruire utensili di fortuna



Quando può servire un coltello

 

In situazioni estreme, avere a propria disposizione un coltello può fare davvero la differenza (una lama può difatti tagliare, spellare, penetrare, ecc.).  In questa spiegazione il termine “coltello” viene unicamente usato in senso “metaforico”; l’idea è di convogliare materiali di recupero un oggetto tagliente o appuntito che possa essere impugnato e usato per la sopravvivenza, nè più nè meno. Invitiamo pertanto i lettori a non fare usi pericolosi o illegali di quanto proposto in questo tutorial.

 

Come ottenere una lama

 

Per prima cosa occorre procurarsi strumenti e materia prima per mettere insieme il nostro coltello, guardiamoci attorno e vediamo cosa ci può servire. Ad ogni lama descritta di seguito corrisponde un utilizzo e una longevità differente; è chiaro che nessuno dei seguenti componenti può sostituire l’efficacia di un coltello professionale di acciaio temprato. Ecco quindi alcune idee su come ottenere delle lame:

 

  • Lama di roccia – Assicuriamoci che sia resistente, non troppo sottile ed abbastanza affilata (possiamo tentare anche di migliorarne il filo sfregandola con un’altra pietra); un utensile di questo tipo può essere forse il miglior sostituto del metallo.
  • Lama di metallo – Un qualsiasi pezzo di metallo (un chiodo, un bracciale, ecc.) può essere adattato senza eccessive difficoltà alle proprie esigenze; attraverso il fuoco (e una pietra con cui batterlo) il metallo può assumere la forma che più ci si confà.
  • Lama di ghiaccio – In luoghi freddi, una lama di ghiaccio molto resistente (o addirittura ottenuta da acqua solidificata) permette di raggiungere eccellenti risultati; il consiglio è di evitare la seghettatura, di non tenere la lama troppo sottile e/o lunga.
  • Lama di plastica – Alcune tipologie di materie plastiche possono risultare molto taglienti se sfilacciate e/o seghettate; a seconda dello spessore e della dimensione, un coltello di plastica può rivestire svariati ruoli, il problema è che ha una durata media (correlata allo spessore e alla durezza particolare).
  • Lama vegetale – Parti vegetali acuminate (di spessore medio) possono risultare davvero utili per svariati impieghi; nel caso del legno può essere utile scheggiarlo leggermente, nel caso di parti “verdi” è possibile impiegarle per tagliare oggetti poco resistenti.
  • Lama di ossa – Lo scheletro di alcuni animali può con facilità contenere parti taglienti o comunque dello spessore giusto per poter essere lavorate; si tratta di una lama mediamente resistente ma adatta ad ogni scopo; in questi casi è sconsigliabile scagliare forti colpi su superfici solide.

  • Lama di vetro/vasellame – A volte basta rompere una bottiglia per ritrovarsi a brandire una lama molto delicata ma affilatissima; ottima per usi singoli e di precisione; se possibile conviene che sia piuttosto spessa e non troppo lunga.
  • Unghie – Se lasciate crescere abbastanza, irrobustite e affilate le proprie unghie possono diventare ottime lamette per piccoli lavori di taglio, affondo e trattamento; meglio comunque non oltrepassare una sporgenza dalle dita di 1,5-2cm.
  • Lama di cartone – In casi davvero disperati se si ha a disposizione del cartone spesso, rigido e molto compatto è possibile sfruttarne le punte per eventuali affondi; è importante non cercare di lavorarlo e/o piegarlo in alcun modo onde evitare che si sfaldi.
  • Lama di carta – In casi ancor più disperati è possibile sminuzzare della carta, bagnarla, mescolarla con resina o altre sostanze collose, comprimerne una grande quantità sotto a due massi (in modo da tenerne il filo sottile) e poi ritagliarne una lama; adatta per affondi singoli o tagli elementari.

 

Ad ogni lama corrispondono prestazioni differenti in relazione ad impiego e tempo di utilizzo; se se ne ha occasione può essere d’aiuto la costruzione di più coltelli dello stesso tipo e/o differenti in modo tale da essere pronti ad ogni evenienza.

 

Il manico e l’impugnatura del coltello

 

Una volta individuata una lama occorre produrre un manico e/o un’impugnatura. Il risultato finale deve possedere grande solidità, equilibrio e stabilità; essendo che la lama non è professionale non possiamo permetterci di disperdere efficacia in vibrazioni o difetti ovviabili. A riguardo della lunghezza e del peso cerchiamo di mantenere un certo equilibrio e una buona maneggevolezza:

 

  • Manico di legno – Se possiamo bucare la base della lama e farci passare una cordicella, abbiamo buone speranze di fissare un bastoncino come manico per poi avvolgerlo più e più volte.
  • Impugnatura ad avvolgimento – Se la lama è formata da un pezzo unico, abbastanza lungo da contenere un manico, è conveniente avvolgerla con stracci sfilacciati, foglie o corda.
  • Manico forgiato – Se ne abbiamo la possibilità la scelta migliore è sempre quella di forgiare direttamente un manico con un’impugnatura “ergonomica” assieme alla lama (senza dover suddividere insomma l’utensile in due parti).

 

Consigli finali

 

Concludiamo infine con tre consigli fondamentali:

 

  • Il fodero –  Per preservare il filo della lama, occorre costruire un fodero.
  • Protezione – Costruiamo ilo coltello in modo tale da non danneggiarci in fase di utilizzo.
  • Testare – Prima di mettere sotto sforzo il coltello è importante testarne la resistenza.

fonte arcadiaclub

TROVARE LA PROPRIA POSIZIONE

Per trovare la posizione si può usare un GPS oppure possiamo farlo ad occhio se siamo una zona molto conosciuta. Disponendo di una carta topografica e di una bussola è possibile farlo anche in una zona che non ci è familiare ricorrendo ad una triangolazione (lo stesso metodo usato nella navigazione costiera).
Ci troviamo in una zona collinare nei pressi di Pecorara (vedi foto) e vogliamo trovare la posizione esatta; ecco come procedere:- per prima cosa orientiamo la carta al Nord – poi cerchiamo almeno tre punti davanti a noi, non troppo vicini, facilmente riconoscibili sulla carta; leggendo la carta riconosciamo a sinistra CaBazzari e Alsuzzo e a destra Vallerenzo – ricaviamo l’azimut dei tre punti: CaBazzari 280°, Alsuzzo 330° e Vallerenzo 10° – ora li trasformiamo in azimut reciproci: CaBazzari 100°, Alsuzzo 150° e Vallerenzo 190° (basta toglere o aggiungere 180°) – a questo punto partendo dalle tre località note si traccia una retta avente come azimut il valore dell’azimut reciproco (ad esempio da CaBazzarri si traccia una retta che va in direzione 100° e così via) – l’incrocio delle tre rette è la nostra posizione: quota 524. Se abbiamo con noi un altimetro (ovviamente tarato) possiamo confermare il dato.

SURVIVAL, CONSIGLI PER LA MONTAGNA

La montagna è un ambiente severo che richiede una preparazione adeguata e un corretto abbigliamento ed equipaggiamento. Il maltempo è all’origine di numerosi incidenti e in montagna, a causa del sollevamento orografico delle masse d’aria, il tempo può cambiare rapidamente.

Essere sorpresi, sudati e accaldati e privi di protezioni per la pioggia, da un acquazzone o una grandinata vuol dire esprorsi al pericolo di ipotermia (pericolo molto grave).
Non vanno mai sottovalutati i potenziali rischi. Se si deve percorrere un itinerario lungo e impegnativo è bene avere al seguito una carta dei sentieri; porre particolare attenzione al dislivello (un dislivello di 500 m su di una distanza letta sulla carta di 1 km comporta una pendenza del 50% ovvero per ogni 100 m percorsi si deve salire di 50).
 
E’ bene imdossare calzature adeguate e portare sempre al seguito una giacca impermeabile.
 
Usare un buon zaino (non lo zainetto della scuola!) all’interno del quale mettere la mantellina poncho, un maglione o pile, maglietta e calzini di ricambio, borraccia con acqua, delle barrette energetiche o cioccolata ed eventualmente un reintegratore di sali minerali. Sarebbe bene avere al seguito anche il kit di Pronto Soccorso. In sostanza portate sempre al seguito il vostro kit di sopravvivenza…potrebbe rivelarsi vitale…
 
Ricordate sempre il detto: “IN MONTAGNA CHI PORTA MANGIA!”.

COSTRUIRE UNA LANCIA

La lancia per la caccia o la guerra è presente in tutte le civiltà e fra tutti i popoli cacciatori; le punte sono realizzate in vario modo e in base ali materiali disponibili (metallo, osso, legno, aculei ecc.). Generalmente le lance da caccia hanno ampi taglienti in grado di provocare vaste ferite ed emorragie in grado di fermare un grosso animale. Attualmente la Cold-Steel produce numerose punte di lancia e il modello Samburu ispirato ai cacciatori Masai.
 
Quella della foto l’ho invece realizzata con una canna di bambu e una barretta di acciaio. Il metallo è stato sagomato e affilato con la carteggiatrice a nastro mentre ad una estremità ho realizzato il codolo (parte rastremata di una lama che generalmente si inserisce nel manico) su cui ho praticato un foro. Inserito il codolo nella canna ho fermato la lama con un grosso chiodo passante per il foro e poi saldato il tutto con Sintolit Vetroresina. Il cordino all’estremità è per impedire la rottura della canna se la lama viene forzata lateralmente. A vederlo uno strumento micidiale……….

I COLTELLI MORA OF SWEDEN

I coltelli MORA sono lame in acciaio svedese costruiti secondo lo stile dei “puukko” facendo però ricorso, per i manici e foderi, a materiali plastici. Si tratta di ottimi coltelli per il lavoro, la caccia e l’outdoor in genere: leggeri, robusti e con un ottimo tagliente. Hanno inoltre la prerogativa di costare poco (si parte da 5 Euro).
E’ difficile però trovarli nelle armerie o negozi di coltelli (più facile in un buon ferramenta); altrimenti bisogna ricorrere ad Internet (passionepericoltelli ne offre diversi modelli).
Le lame, dopo l’uso, vanno pulite e asciugate in quanto l’acciaio al carbonio ossida facilmente.
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